giovedì 10 ottobre 2013
Intervista a Giancarlo De Rogatis - A cura di Therry Romano
Perché un racconto di fantascienza?
Perché da appassionato del genere avevo da molto tempo la voglia di creare un universo fantascientifico tutto mio. Un universo che getta le basi nell’attualità e nella nostra storia, per poi evolversi nella società del futuro e incontrare, tra le stelle, altre società.
La possibilità di poter esporre argomenti e tematiche anche d’attualità – come il fanatismo religioso, il razzismo o la robotica – in un contesto che non è propriamente il nostro, ma anche solo riportare particolari situazioni venutesi a creare nella mia testa, come elementi di fantapolitica o scenari futuri, sono stati alcuni dei motivi che mi hanno fatto prediligere questo genere ad altri.
Nella fantascienza, a differenza del fantasy, posso parlare di queste cose con più semplicità e in maniera più diretta, senza dover creare allegorie o similitudini con l’attualità.
Dico fantasy perché la mia idea originaria era quella di scrivere un mattone fantasy, o al massimo un romanzo. Ma c’è una cosa che il fantasy non riesce a farmi sentire nello stesso modo della fantascienza: il sense of wonder, il senso della meraviglia. Che sia per le opere dell’uomo, come un robot perfettamente pensante o un motore che modifica la struttura fisica dello spazio per raggiungere luoghi troppo lontani, o anche l’esoticità di un mondo alieno con la sua flora, la sua fauna, la sua società, storia, progresso e costumi.
E anche perché il fantasy sta vivendo il suo boom italiano, quindi preferisco dedicarmi alla fantascienza che da anni che sembra praticamente morta e povera di nuovi autori, i quali si contano sulle dita di una mano.
Quali sono state le letture o gli input che ti hanno spinto a scrivere questo genere?
La fantascienza è stato il mio primo approccio alla lettura e anche al fantastico in generale con il mattone di Isaac Asimov Il Ciclo delle Fondazioni che mi fu regalato a dodici anni.
Anche se, fin da piccolissimo, mia madre si è occupata personalmente di coltivare questa mia passione e ad alimentarla leggendomi le fiabe della Tradizione, i miti e facendomi conoscere Star Trek, serie che lei seguiva da ragazza e della quale sono un grandissimo appassionato. E devo dire che è stata un po’ il punto di partenza per quella che è poi divenuta la passione per la scrittura in generale. Perché volevo scrivere quelle storie.
Come lettore devo ammettere di essere più un appassionato di fantasy che di fantascienza, anche se sto recuperando. Il grosso del mio bagaglio culturale fantascientifico viene dalle serie TV, le quali mi hanno fornito le basi e molti spunti narrativi.
Ad esempio, Star Trek mi ha dato le basi per la costruzione di ambientazioni e mondi iperdettagliati e a questo si sono aggiunte le letture delle opere di J.R.R. Tolkien e di George R.R. Martin. L’uno per la cura del background che c’è in ogni elemento di un’opera di fantasia e l’altro per il suo stile, la sua capacità di mostrare, senza annoiare, tutto quello che ruota intorno al personaggio che detiene in quel momento il punto di vista, comprese le sue sensazioni, considerazioni e lotte interiori.
Ma posso dire che l’input sia stato il voler dare concretezza alle idee e ai mondi che da anni abbozzavo su file e file di Word. Il vedere un universo fantascientifico, con una sua timeline, dei suoi personaggi, dei suoi eventi chiave e delle sue storie da raccontare, che sia come io ho sempre immaginato. Scrivere la fantascienza che avrei sempre voluto leggere in poche parole.
La storia di Roma: come mai riprenderla per darle nuova luce?
La mia idea di racconti fantascientifici è di proporre un futuro che non sia né troppo utopico né troppo distopico e Roma rappresenta entrambi gli ideali di società per chi vive il particolare periodo storico narrato, ossia il ventunesimo e il ventiduesimo secolo, come lo era per chi è vissuto duemila anni fa.
Roma era il faro della civilizzazione, del progresso e della cultura in un mondo popolato dalla barbarie. E lo è in quello dei miei racconti, dove il mondo sta uscendo e riprendendosi dal Terzo Dopoguerra.
È il potere forte che si contrappone a quello americano, come lo era l’URSS durante la Guerra Fredda.
Credo che Roma, con la sua storia e la sua cultura abbia molto da insegnarci e altri l’hanno appreso molto prima di noi che siamo i suoi diretti discendenti. Da appassionato della storia, della cultura, delle tradizioni, usanze e leggende che avvolgono Roma come città, come ideale e come stato, non ho saputo resistere nel non dare questo tocco diverso alla mia timeline e ai miei racconti.
Rappresenta la speranza di rinascita e anche di riscatto del nostro paese che viene liberato dalle vecchie concezioni di politica e di commercio che si sono radicate negli ultimi trent’anni in Italia. Una ventata di novità e di ristrutturazione totale rende l’Italia uno stato quasi modello in un’Europa dilaniata dalle crisi finanziarie e dalla macchina bellica della NATO che fa pressioni affinché gli alleati rispettino i patti per portare avanti la guerra. Ed è proprio questo scenario apocalittico della Terza Guerra Mondiale che rende possibile la rivoluzione in Italia. Una rivoluzione contornata anche da leggende, profezie e presagi che affondano nel misticismo e nell’esoterismo romano e che della quale spero di poter raccontare.
Il ruolo dell’imperatrice.
In realtà la presenza dell’imperatrice nel racconto è puramente casuale, ma capita a pennello. Sarebbe stato nominato ugualmente il personaggio dell’imperatore romano, ma che fosse proprio Cassandra Traiani è stata una pura casualità, in quanto, alla terza generazione della famiglia imperiale avevo deciso di far salire al potere una donna e La Martire d’Acciaio è ambientata proprio durante il governo di Cassandra. Questo però ha permesso di dare l’input ad un personaggio che rappresenta il futuro come lo immagino io: una donna a capo di una superpotenza che sorge dal passato, guardare al futuro ricordando il passato.
Nella Roma “rinata” dei miei racconti, il ruolo dell’imperatore – che si ottiene per merito e non per forza per discendenza – è quello di guardiano dell’ordine, della giustizia e della pace interna al territorio dell’Impero. L’imperatore ha sempre l’ultima parola sulle decisioni politiche e sociali, sull’amministrazione e sul ruolo delle istituzioni, ma l’ordinamento effettivo dello stato imperiale è quello di una repubblica socialista, dove la democrazia è gestita digitalmente e concetti come mecenatismo, meritocrazia, servizio pubblico, uguaglianza, sicurezza e possibilità di crescita non sono soltanto parole. Anche se sono traguardi raggiunti con difficoltà e molti sacrifici.
Inoltre, lo stato viene chiamato Impero, ma è più una confederazione, un commonwealth. Gli stati che hanno scelto la protezione e la guida di Roma mantengono il loro assetto politico, sociale, culturale, ma dipendono dalle decisioni del Senato Imperiale, che ha sede a Roma ed è composto da rappresentati di tutti gli stati membri, chiamati province. L’Unione Europea è solo l’ombra di ciò che era ad inizio della guerra e molti suoi stati sono sotto l’influenza economica e militare di Roma.
Roma raggiunge l’apice del suo potere proprio sotto il governo duro e lungimirante dell’imperatrice Cassandra – nominata da suo padre come successore alla carica imperiale perché ritenuta, tra i suoi figli, nipoti e fidati, l’unica in grado di poter prendere in mano le redini dell’Impero – che consolida e conclude il lavoro iniziato da suo nonno, Tiberio Traiani, rendendola una tiranna agli occhi della concorrenza, una persona degna di rispetto dagli alleati e una paladina per i cittadini dell’Impero.
Per lei ho delle idee in serbo. A dire la verità ci sto già lavorando. Voglio raccontare la società italiana ed europea sotto l’egida di Roma, ma soprattutto sotto la Roma di Cassandra la Tiranna. Cos’ha fatto per l’Impero e che tipo di persona è, la sua morale, le sue idee, in cosa crede, per poterla conoscere sotto tutti i punti di vista.
Il personaggio di Steven: c’era bisogno di un novello dittatore?
L’idea non era di creare un nuovo Hitler, ma di riassumere in un unico personaggio tutti i peggiori difetti degli Occidentali. Steven è razzista, legato alle sue origini texane, misogino, molto religioso e idealmente è un conservatore che ritiene l’America la nazione “illuminata” che ha il diritto di decidere le sorti del mondo.
Molti politici repubblicani sono così e potrebbe sembrare il peggior stereotipo di americano, ma il mio intento era quello di mostrare il leader di una nazione che per quanto potente ed avanzata è socialmente chiusa al mondo, che vive di terrore, bigottismo e paranoia, di arrampicamento sociale, competizione sfrenata e acquisizione di ricchezze.
E nell’America dipinta ne La Martire d’Acciaio, il personaggio di Steven Bradford non è un semplice dittatore, o almeno non più di come lo siano stati George Bush o Richard Nixon, ma per quella minoranza della popolazione americana nel cui petto non batte un cuore ma pulsa un generatore al plasma, lo è.
La paura del diverso, del nuovo e dell’ignoto ha sempre attanagliato le menti piccole, come può esserlo una macchina che inizia ad avere pensieri propri, a chiedere se anche loro possiedono un’anima e, cosa più terrificante, chiedere libertà, diritti e uguaglianza.
Oggi un androide perfetto come Serene non è nemmeno lontanamente immaginabile, ma è una trasposizione futuristica di quello che potrebbe succedere. Quanta gente, oggi, non riesce ad accettare la diversità degli omosessuali? E in che cosa sono davvero diversi se non nell’orientamento sessuale? Nello stesso modo in cui Serene è diversa da Steven solo per le componenti che tengono insieme il suo corpo.
Inoltre, anche l’America, come l’Europa, nella mia timeline sta risorgendo non solo dalla fine del terzo conflitto mondiale, ma anche dalla sconfitta, e una serie di presidenti forti, carismatici e duri, sono l’unica soluzione per rimettere in piedi una superpotenza come l’America. E quelli appartenenti alla destra americana sono quelli che hanno più manie di onnipotenza, soprattutto se oltre l’Atlantico c’è una nuova superpotenza pronta a contendersi il dominio del pianeta.
Perché dare un ruolo anche alla Chiesa?
Beh, il ruolo della Chiesa Cattolica ne La Martire d’Acciaio è prettamente marginale. Come detto, Steven è un uomo religioso, precisamente è un cristiano protestante e i Protestanti sono prettamente teocentrici nella loro filosofia religiosa, a differenza dei Cattolici che sono molto più antropocentrici ed umanistici. I Protestanti considerano i Cattolici degli eretici perché ancora troppo “pagani” secondo il loro modo di vedere la dottrina cristiana.
Ma con questo non voglio giudicare nessuno, sono differenti ideologie religiose che non mi riguardano, il mio intento era semplicemente accentuare l’odio che Steven prova nei confronti degli androidi.
La Chiesa Cattolica ha sempre colto la palla al balzo nelle occasioni che potevano farla risaltare agli occhi delle masse. La prima cosa che fece quando venne istituita fu quella di cristianizzare numerose festività pagane, come il Natale, la Candelora, la Notte di San Giovanni, e di accettare le novità scientifiche come la sfericità della Terra, l’eliocentrismo, la teoria del Big Bang e ultima la possibile esistenza degli alieni e del fatto che anche loro siano figli di Dio. Accettare la possibilità che gli androidi abbiano un’anima mi sembrava una plausibile mossa del Clero per accaparrarsi le simpatie dei sostenitori dell’uguaglianza tra umani ed androidi e l’eventualità di avere sostenitori e convertiti presso quella minoranza che sono gli androidi. E questa decisione della Chiesa fa imbestialire Steven ancora di più.
Serene: perché immolarla? E la sua amica Rachel?
Bella domanda. Perché? Perché un lieto fine non sarebbe stato credibile.
Per dare il via ad una rivoluzione serve solo una scintilla, e chi è motivato non ci mette nulla ad appiccare il fuoco della rivolta e del cambiamento. E la scintilla è sempre un atto disperato, quasi criminale, spesso premeditato ed organizzato per lungo tempo, ma sempre senza via d’uscita.
Serene non voleva morire, ma sapeva che se si fosse arresa sarebbe stata uccisa lo stesso, in un modo più lento e atroce rispetto ad una pallottola in testa. Sarebbe stata torturata per il semplice fatto di essere una macchina pensante, quindi pericolosa e imprevedibile, come la sua amica Rachel.
Rachel invece non è stata immolata. È la vittima dell’intolleranza, dell’ignoranza e della piccolezza mentale di chi vive di pregiudizi, ipocrisia e falsi valori. È come l’africano che viene pestato da una gang di strada. Non è un martire, è solo la persona sbagliata al momento sbagliato. E Rachel è stata forse troppo umana per una società che ritiene peccaminoso persino il gesto più innocente.
La storia avrà un seguito?
Allora… come ho detto ci saranno altri racconti e romanzi ambientati nella stessa timeline, in momenti sia molto vicini tra loro nel passato e nel futuro, sia molo lontani nel futuro.
Al momento sto lavorando a due scritti, che non so ancora se verranno come lunghi racconti o veri e propri romanzi. Uno è ambientato settant’anni prima de La Martire d’Acciaio e parlerà del primo modello di androide in grado di provare emozioni e sentimenti, di cui accenno qualcosa anche nel racconto. L’altro sarà ambientato sei anni dopo e sarà incentrato su una scoperta rivoluzionaria per l’umanità e ambientato tra la Luna e Marte, e posso dire che le parti ambientate sulla Luna mostreranno le conseguenze del martirio di Serene.
Mentre, per un effettivo seguito de La Martire d’Acciaio, ci sto ancora pensando. Qualche idea ce l’ho, ma non è nulla di effettivo e di concreto. Posso solo dire che sarà un sequel ma avrà le caratteristiche di un prequel.
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