Legendary Fantasy Contest!
LA
BIBLIOCROMOTECA
Grys
era una città tutta grigia: il cielo era grigio, le strade erano grigie, gli
alberi, i fiori e i prati erano grigi. C'era anche una scuola a Grys, e in
quella scuola grigia c'era un bambino sempre vestito di grigio che tutti
chiamavano Mino.
Un
giorno Mino era davvero annoiato; non ne poteva più di fissare la lavagna
grigia e di seguire la lezione. A poco a poco, le sue palpebre calarono sugli
occhi stanchi e grigi; lui si rannicchiò nell'angolino in cui se ne stava
seduto, appoggiò la testolina dai capelli grigi sul banco, nascondendola dietro
lo zaino, e scivolò nel sonno.
Quando
si risvegliò, la maestra e i suoi compagni se n'erano già andati, e nessuno si
era accorto che lui si era addormentato. Messo lo zaino in spalla, corse fuori
dall'aula, ma scoprì di essere rimasto
chiuso nell'edificio: il portone della scuola era sbarrato, e non c'era più
nessuno! Se n'erano andati tutti, lasciandolo lì, solo, nel grigiore della
scuola. Doveva trovare un’altra uscita, o avrebbe dovuto trascorrere la notte
là dentro. Iniziò a vagare nei corridoi, spingendosi in ogni angolo
dell’edificio. Si affacciò a una finestra, ma uscire da lì era fuori
discussione: avrebbe dovuto fare un salto di diversi metri nel vuoto per poi
atterrare sul duro asfalto; tornò quindi a girovagare senza una meta ben
precisa. Esplorò diverse aule tutte uguali, fredde, grigie e spoglie.
Finché, all'improvviso, udì una vocina flebile sussurrare qualcosa di
incomprensibile. Mino credette di aver sognato tutto, ma quando aguzzò
l'udito, la udì di nuovo: era una voce
sottilissima, ma questa volta capì benissimo ciò che diceva:
"Aiutoooo!"
Deciso
a prestare il suo soccorso a chiunque si trovasse in difficoltà, corse su per
le scale seguendo quel debole suono; la voce lo portò fino all'ala est
dell'ultimo piano. Lì, Mino ebbe un tuffo al cuore e si bloccò davanti a una
porta su cui un cartello intimava: "VIETATO ENTRARE". Quello era
l'ingresso a una stanza che non era mai stata visitata da nessun alunno da
oltre cento anni. Una leggenda circolava sul suo conto, e parlava di un varco
per un mondo popolato da strani esseri soprannaturali. E ora, cosa doveva fare
Mino? Le maestre avevano sempre detto agli alunni di stare alla larga da quella
stanza, ma la voce proveniva da lì! Qualcuno aveva bisogno di aiuto, e lui era
l'unica persona che potesse accorrere immediatamente. Raccolto un po' di
coraggio, Mino posò le dita sulla maniglia della porta e spinse. Stranamente
non era chiusa a chiave. L'ambiente era polveroso e aveva un'aria sinistra,
immerso nella penombra. Dalle finestre, la luce del tramonto filtrava
proiettando ombre inquietanti sul pavimento... Poi Mino udì di nuovo la voce
chiedere aiuto. Si guardò freneticamente in giro voltando la testa verso ogni
angolo, ma non c'era nessuno in quella stanza. Solo lui, quella voce
incorporea... E una grande quantità di libri. Mino non ne aveva mai visti così
tanti in una sola volta. Il suo sguardo si perse lungo i dorsi delle copertine,
tra le lettere che indicavano titoli e autori.
Poi udì nuovamente la sottile vocina provenire da uno scaffale alle sue
spalle. Quando si voltò, un'altra voce
si unì alla prima, poi un'altra ancora, ma lui continuava a non vedere nessuno.
C'era
un pesante tavolo, al centro della stanza: ancor prima di rendersene conto,
Mino aveva preso una delle sedie, l'aveva spostata vicino allo scaffale e ci si
era arrampicato, fino a raggiungere, ergendosi in punta di piedi, un pesante
tomo dalla copertina di cuoio: per quanto gli paresse assurdo, le voci
sembravano provenire proprio da lì. Era come se il libro parlasse. Mino soffiò
via uno spesso strato di polvere grigia, rivelando una copertina scarlatta.
Quel rosso era abbagliante, in mezzo a tutto il grigiore del mondo
circostante... Era così vivo, energico, infondeva una sensazione di calore...
Poi le voci incorporee tornarono a farsi sentire: "Mino, apri il
libro!"
Il
bambino quasi rischiò di cadere giù dalla sedia per la sorpresa. Si sedette
tenendo il libro sulle ginocchia, lo aprì sulla prima pagina, e lesse il
titolo: "Storie di fate." Immediatamente, quattro minuscole fanciulle
svolazzanti e variopinte comparvero attorno a lui. Le loro ali brillavano e
cambiavano continuamente colore riflettendo la luce del sole. "Grazie
Mino, ci hai liberate!" esordì una di loro.
Il
bambino rimase ad ammirare i suoi splendidi abiti arancioni, i capelli dorati,
i grandi occhi verdi. "Figurati. Ti ho sentita chiedere aiuto, e sono
venuto. Ma voi chi siete?"
"Noi
siamo fate, e abitiamo nel libro che hai aperto. Siamo rimaste chiuse qui
dentro per più di cent'anni, ma ora tu
ci hai liberate, e noi possiamo tornare a vivere." Appena la fatina smise
di parlare, un'altra voce proruppe in un urlo soffocato dallo scaffale sulla
parete opposta. "Lo senti, Mino? Questo è uno di noi, un altro abitante
dei libri rimasto intrappolato."
Il
bambino capì subito cosa la fata si aspettasse da lui: si arrampicò sullo
scaffale opposto, prese il libro da cui proveniva l'urlo e soffiò via la
polvere riportando la copertina al suo intenso blu originario. Poi lo aprì,
lesse a voce alta la prima pagina e un cavaliere comparve davanti a lui in
sella al suo destriero, chiuso in una scintillante armatura argentea. Immediatamente
altre voci si levarono, inondando la stanza di mormorii.
"Avanti,
Mino." lo incitarono le tre fate. "Liberali tutti!"
Allora il bambino continuò a fare quel che
aveva cominciato: spolverò i libri su ogni mensola, e tutto ciò che toccava
diventava variopinto; mentre lui si metteva a leggere a voce alta, un candido cavallino con un piccolo corno
sulla fronte compariva nella stanza nitrendo di gioia. Poi fu la volta di un
gruppo di fanciulli dalle orecchie puntute, di un minuscolo draghetto dalle scaglie
purpuree che prese a svolazzare vicino al soffitto, di una bellissima
principessa in vistosi e raffinati abiti; la stanza si riempì di straordinari
esseri leggendari di cui da tempo si era persa la memoria, e tutti iniziarono
ad aiutare il bambino a spolverare i libri un tempo caduti nell'oblio.
Infine,
rimase solo un ultimo libro, abbandonato sullo scaffale più remoto. Mino
dovette salire su una sedia in punta di piedi e allungare il più possibile le
dita, finché, con un ultimo sforzo, il libro gli cadde con un tonfo in testa.
Quando lo raccolse da terra, tutti gli abitanti dei libri erano raccolti
intorno a lui e lo stavano osservando. Con un soffio Mino levò nell'aria un
enorme polverone, rivelando una copertina dai colori cangianti. Non c'era scritto
niente su di essa, né il titolo, né il nome dell'autore. Il bambino sfogliò
alcune pagine, ma erano completamente vuote, di un candore smagliante.
"Qui non c'è scritto proprio niente..." mormorò perplesso. Poi si
accorse che pian piano, mentre sfiorava le pagine, i suoi polpastrelli
abbandonavano il loro pallido grigiore e un tenue colorito roseo si diffondeva lungo
le mani. Sotto di esse iniziarono a comparire scritte fittissime, ma prima
ancora che lui potesse iniziare a leggerle, un arcobaleno scaturì dalle pagine
investendolo in pieno con i suoi radiosi colori. Poi comparve un piccolo ometto
tutto vestito di verde, con una pentola d'oro sottobraccio e una folta barba
rossa. Si sistemò il cappello a cilindro che portava sulla testa tonda e prese
una mano a Mino stringendola energicamente. "Grazie, grazie tante, piccolo
amico!" gli disse in tono allegro, per poi scomparire così come era
apparso.
Mino non poté fare altro che guardarsi attorno
fissando allibito l'ambiente. Ogni traccia di grigio era scomparsa, e la stanza
era un trionfo di colori. Lui stesso era diventato un bel bambino con una
maglietta verde, un paio di jeans blu, e dei fiammanti capelli rossi, proprio
come quelli del piccolo ometto col cappello a cilindro.
"Non è meraviglioso?" gli dissero gli
abitanti dei libri. "Sei riuscito a
riportare la biblioteca al suo splendore e ci hai salvati dall'oblio. Grazie,
grazie infinite!"
Il giorno seguente, quando la maestra e gli
altri bambini fecero ritorno alla solita aula triste e grigia, trovarono Mino
addormentato su un banco. Era già bizzarro il fatto che un alunno avesse
trascorso la notte rinchiuso nella scuola, ma ciò che lasciò tutti davvero
esterrefatti era quella testolina rossa
appoggiata sul banco. Nessuno aveva mai visto un colore così vivido e
splendido.
"Sto bene, non è successo niente di
brutto, sono solo stato in biblioteca e ho incontrato gli abitanti dei
libri." spiegò Mino quando si svegliò, e aprendo i sui occhi azzurri e
limpidi si vide circondato da tutti quei volti preoccupati.
Ma la maestra, udendo la sua risposta, si
spaventò ancora di più e prese a rimproverarlo. "La biblioteca è un'aula
proibita! È già grave che tu sia rimasto a dormire a scuola tutta la notte,
come ti è venuto in mente di entrare là dentro? È un luogo pericoloso, nessuno
ci ha più messo piede da più di cent'anni!"
"E lei come fa a sapere che è pericoloso,
se non ci è mai stata?" obiettò il bambino.
"Si dice che sia infestata da strani
esseri."
"È vero. Ma non sono pericolosi; avevo
sentito una voce dal corridoio che chiedeva aiuto, e sono entrato. Sono stati
loro a rendermi così colorato." cominciò a spiegare Mino. Ma vedendo che la
maestra non gli credeva, si alzò di scatto dalla sedia, si fece bruscamente
largo tra i compagni di classe che lo circondavano e corse fuori dall'aula.
Mentre tutti partivano al suo inseguimento, si arrampicò su per le scale, imboccò il lungo corridoio e arrivò alla biblioteca.
Qui tutti si fermarono con un'espressione sgomenta sulla faccia. Ma Mino
proseguì. Spalancò la porta rivelando il variopinto mondo dietro di essa e
incitò gli altri a entrare.
La maestra lo seguiva guardandosi attorno con
un misto di meraviglia e disorientamento, posando lo sguardo su tutti quei
libri con le copertine coloratissime. "Non vedo traccia delle creature
leggendarie di cui si parla. Dove sono?"
Mino rispose aprendo un libro e cominciando a
leggerlo ad alta voce. "C'era una volta..."
Improvvisamente, le tre fatine che il giorno
prima avevano implorato il suo aiuto comparvero nella stanza. "Mino, sei
tornato!" dissero al bambino. "E hai portato altri con te, non ci hai
dimenticate! Grazie, piccolo!"
La maestra e gli alunni fissavano affascinati
gli splendidi colori degli abiti delle fate, i loro capelli dorati, e le ali
semitrasparenti su cui la luce del sole si soffermava tracciando venature
auree.
"Sono bellissime, vero?" disse Mino.
"E ci sono tantissimi altri abitanti dei libri che sono rimasti chiusi qui
dentro e dimenticati. Volete diventare anche voi colorati come loro? È facile:
basta prendere un libro e leggerlo. Salviamo gli abitanti dei libri!"
Da quel giorno la biblioteca fu riaperta.
Quando i bambini entravano, erano degli alunni grigi e tristi; poi aprivano un
libro, facevano la conoscenza di fate, cavalieri, principesse, draghi ed elfi,
e da quella stanza uscivano dei fanciulli dalle gote rosee, i capelli biondi,
rossi o castani e i vispi occhietti blu, verdi e marroni. Presto i libri
iniziarono ad accompagnare gli scolari anche fuori dalla biblioteca: i loro
abitanti erano di nuovo liberi, e spostandosi ovunque assieme ai bambini
contagiavano tutti con la gioia della lettura e l'allegria dei colori, finché
presto in città niente e nessuno fu mai più grigio.
Simone Lari: A parte le iniziali difficoltà a leggere il titolo, il racconto scorre abbastanza bene, lascinado palesare spunti interessanti e altri su cui magari si poteva lavorare ancora un po’, comunque non male.
RispondiEliminaMaddalena Cioce: Un racconto ben scritto, dal timbro fiabesco e numerosi richiami allegorici che ho molto apprezzato. D’altro canto, la storia è molto semplice e lineare, e, dato che si tratta di una storia breve in cui tutto viene concentrato in poche righe, il finale risulta privo di colpi di scena. Ciononostante, penso che la storia vada bene così com’è per conservarne la bellissima morale.