Salve a tutti e ben ritrovati per
una nuova puntata di Fantasy Cinema! Oggi vi proporrò il recentissimo
Maleficent.
Maleficent è una rivisitazione della
fiaba de “La bella addormentata”, in cui il concetto di bene e male originari
vengono stravolti, fino a lasciare poco e niente della trama iniziale.
Cominciamo con il dire che l’idea dei produttori non è stata affatto male, e il
risultato è stato abbastanza gradevole, anche se alcuni particolari sono stati
semplicemente difficili da digerire. Ma andiamo per gradi. Il film si apre con
la presentazione del regno, diviso tra quello degli umani (di cui ho già
dimenticato il nome, per quanto poco l’hanno nominato) e quello delle fate, la
brughiera, che richiama alla mente le leggende celtiche sul piccolo popolo. In
ogni caso, le fate hanno gli aspetti più disparati, e sembra quasi che abbiano
scopiazzato qua e là le descrizioni dei romanzi della Marr o della Livingston,
mancano solo re e regine delle stagioni. Le uniche fate che si possono
identificare con quelle della fiaba originale sono quelle che fanno i doni ad
Aurora durante il battesimo, ma le hanno fatte terribilmente, irrimediabilmente,
stupide, senza un reale motivo se non il far ridere. Comunque, torniamo alla
panoramica iniziale: una fata si sveglia, e subito da prova del suo buon cuore
curando un ramoscello spezzato. È bella, simpatica, gentile, con gli occhi
dorati (aggiungerei che avrebbero potuto farli meglio, con tutti gli effetti
speciali che hanno a disposizione), maestose ali e due grosse corna, che non
richiamano la simbologia satanica caprina (o dovrei dire “stambecchiana”), ma
l’iconografia pagana con la quale viene identificato il piccolo popolo... Va
be’, anche il satanasso cristiano usa quell’iconografia, ma questo è un altro
discorso. La fata vola, mostrandosi in tutta la sua maestosità, quando le tre
fate sceme la avvisano che un ladro umano è entrato nella brughiera. Essa si
precipita a controllare e conosce il giovane Stefano, con cui subito si crea un
certo feeling. Il giovane le chiede il suo nome e lei risponde: Malefica. E lì
mi sono cadute le braccia, anche e lo sapevo già. Se una si chiama Malefica, un
motivo ci sarà, no? Se sei tanto buona e hai avuto genitori crudeli (anche se
le fate non si capisce come si riproducano, supponiamo che non sia per
scissione binaria), caspita, cambia nome! La scelta di cambiare il ruolo di un
cattivo che si chiama proprio MALEFICA lascia ampiamente a desiderare.
Comunque, nome a parte, continuiamo con l’analisi della trama. I due diventano
amici, poi crescono e si sentono attratti, finché lui non la bacia,
dichiarandole il suo amore eterno, e poi... sparisce. Ok, ci sta, gli uomini
nella realtà lo fanno spesso. Anni dopo, Malefica è una fata fatta e cresciuta,
con quintali di botulino sparati nelle guance, e il re degli umani muove una
guerra preventiva contro la brughiera perché ha paura dei poteri delle fate. E
anche la paura dell’ignoto ci sta. Ovviamente Malefica e le fate umiliano re e
umani alla grande, e il re, ormai in punto di morte, non vuole altro che la
testa di Malefica su un piatto d’argento. Stefano, che nel frattempo ha fatto
una bella scalata sociale e assiste il re sul letto di morte, fa due più due e
torna da Malefica per fare il doppiogiochista: prima la avvisa del pericolo,
poi, quando lei lo perdona e abbassa la guardia, la droga e le taglia le ali,
per poi portarle al re come prova della morte della fata, in cambio della mano
della principessa. Il re muore e Stefano gli succede al trono, ma ha fatto i
conti senza Malefica, che giustamente vuole vendetta. Per un intero anno lo
spia attraverso un corvo suo servitore, fino alla nascita di Aurora e al
conseguente battesimo, cui le tre fate sceme partecipano come ambasciatrici di
pace tra i due regni. E questa è la scena più famosa della fiaba, che in questa
versione ha molto più senso: è più logico scagliare una maledizione del genere
per vendetta, piuttosto che per non essere stata invitata a una festa. Negli
anni successivi al maleficio, Malefica veglia su Aurora, che chiama Bestiolina,
salvandola dalla stupidità delle tre fate alle quali è stata affidata per
sfuggire alla maledizione, e affezionandosi a lei quasi fosse la sua stessa
figlia, mentre re Stefano diventa sempre più cattivo, spietato e folle. E qui
mi fermo con gli spoiler, o vi rovino tutta la visione del film.
L’elemento più apprezzabile è quindi
l’umanità che hanno attribuito a un personaggio piatto come la Malefica
originale, un cattivo fine a se stesso, malvagio perché è il suo ruolo, senza
reale motivo. Ed è apprezzabile anche il fatto che abbiano dato un significato
più profondo al vero amore, che non è semplice attrazione fisica. Se lo
avessero sviluppato meglio e magari avessero fatto sì che Malefica si chiamasse
diversamente, prendendo quel nome solo dopo il tradimento e il suo conseguente
cambiamento (anche di stile), sarebbe stato molto più coerente e apprezzabile.
È comunque un film piacevole e consigliato, il mio voto è sette e mezzo.
Alla prossima recensione!
http://tinyurl.com/maddalenacioce
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