mercoledì 23 aprile 2014

Le Fanta-Interviste...!

Mara Fontana
Riferendoci al suo romanzo: La Guerra dei Grandi Tumuli

Ciao Mara, benvenuta. Parlaci di te, del tuo rapporto con il fantasy, delle tue letture preferite, e se queste in qualche modo hanno influito sui tuoi libri o sul tuo stile.
Ciao a tutti. Esordiamo con una rivelazione-bomba: non ho letto molti libri nella mia vita perché la passione per la lettura è arrivata un po’ tardi, dopo i trenta suonati. Mi sono appassionata da subito al genere fantasy perché è quello che ha sempre stimolato di più la mia immaginazione, ma leggo volentieri un po’ di tutto. La mia passione è sbocciata con i libri della Rowling, e poi si è allargata grazie a Lewis, Tolkien, Paolini, Ken Follet e, non ultimi, i miti e le leggende nordiche e celtiche.
L’approccio con il fantasy, in qualità di scrittrice e con intento professionale, è iniziato quasi in contemporanea con lo sboccio della lettura. Lo stile di partenza, pertanto, era un po’ un miscuglio tra il mio, acerbo e molto ingenuo, e quello preso in prestito dai libri. C’è voluto molto tempo e tantissima attività pratica per affinarlo e personalizzarlo.
Parlaci del tuo romanzo: di quale genere di fantasy fa parte, della trama e ell’ambientazione, se è un racconto singolo o fa parte di una saga.
Il sottogenere che più gli si avvicina credo sia l’epic ma, vi avverto, NON è ambientato nel medioevo. Non sarebbe carino, ma devo dirlo: ne avevo abbastanza del medioevo. Intendiamoci: resta un periodo storico seducente e misterioso, e il fantasy puro ne osserva tra l’altro le regole, ma io ho preferito creare il mio personale periodo storico, il mio bel mondo a metà strada tra la modernità rinascimentale e le tradizioni romane e celtiche. La Nuova Galatia, infatti, è una specie di paradigma di tutto ciò che mi ha sempre affascinata, ed è stata creata appositamente per ambientarvi tutti i nove libri della saga omonima.
La trama del primo libro è molto sfaccettata. Tutto parte e gira attorno alla storia di formazione di una giovane guerriera, che ha a che fare con problemi di vario tipo: dall’amore mal riposto, al difficile rapporto con il padre, passando per i dubbi sulla misteriosa morte della madre. Ma c’è molto altro, e non ci sta in poche righe. In sostanza, i personaggi sono tanti; le loro storie a volte si intrecciano, altre no, ma tutto poi conduce all’avvenimento più atteso: la guerra. Nel libro ci sono scene di battaglia, forse raccontate con poca dimestichezza tattica, ma vissute con introspezione attraverso le paure e le sensazioni della protagonista principale. E alla fine della guerra, ci sono un paio di colpi di scena che spiegheranno alcune cose ma che apriranno nuovi interrogativi, le cui risposte si troveranno tra le pagine dei libri successivi. È una saga, non posso raccontarvi tutto subito, giusto?

Se dovessi usare solamente tre aggettivi per descrivere il tuo romanzo, quali sarebbero questi aggettivi, e perché?
Sentimentale: ho scritto questi libri anche per dar sfogo alla mia inesauribile vena romantica... a volte eccessiva da nauseare persino me stessa. Siete avvertiti, perciò!
Machiavellico: c’è tanto, ma tanto, ma tanto di quel “sottotesto” (chiamasi così motivazioni e/o fatti di cui il lettore è ignaro, che si rivelano con il lento dipanarsi dell’intreccio) che a volte, quando bisogna sciogliere i nodi e dare un senso a eventi accaduti o a situazioni complicate, mi pento amaramente di essere così “calcolatrice”.
Introspettivo: amo l’animo umano, le sue debolezze, le sue incoerenze, i suoi dubbi. Amo narrare tutto questo; amo prendere ogni personaggio e metterlo a nudo, fin nell’anima, e mostrarvelo nel suo più intimo essere. Con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue bugie e le sue verità, con le sue sventure ed i suoi errori, con i suoi traumi e i suoi cambiamenti... con il suo sembrare e il suo poi essere, in divenire, nel tempo. Amo descrivere personaggi meravigliosamente imperfetti e farli interagire tra loro, per poi vedere cosa succede. Perché spesso mi capita di vederli prendere vita e sorprendermi; a quel punto, non sono più io a decidere cosa debba scrivere e cosa no, ma loro.

Qual è il punto di forza del tuo romanzo, l’aspetto che più lo contraddistingue, la scintilla che dovrebbe spingere il lettore a leggerlo?
Difficile a dirsi, i gusti sono così diversi: ciò che potrebbe sembrare a me un punto di forza, magari potrebbe risultare un difetto per qualcun altro. Ad esempio il ritmo narrativo: a me è sembrato efficace e dinamico, ma magari qualcun altro lo troverà monotono e noioso.
L’aspetto che lo contraddistingue sicuramente è l’amore, narrato tratteggiando le sue più minute sfumature. Per quanto riguarda ciò che accende e mantiene caldo e vivo l’interesse verso il mio libro, non saprei che dire perché forse risulterei di parte. Ciascuno di noi trova “la scintilla” in ciò che vede se solo lo osserva bene, perciò se proprio ne devo dire una, credo siano proprio i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Sono le loro scintille a dover catturare il lettore e spingerlo a conoscere le loro storie. Ci sarà, tra loro, qualcuno nel quale si identificherà attraverso delle affinità. E il libro è pieno di situazioni in cui qualcuno potrebbe ritrovarsi: il cattivo che non è cattivo per davvero, o non lo è del tutto, in fondo. Il buono che non resta mai buono a lungo, perché, prima o poi, perde il lume della ragione. Tutto è relativo poiché tutto cambia, si evolve. Così ogni personaggio. Così ognuno di noi.

Grazie ancora per il tempo che ci hai dedicato, se vuoi aggiungere qualcosa, questo è il tuo momento.
Vi invito a leggere questo primo libro, e quelli che verranno, con una consapevolezza: ho lasciato poco al caso. Se ho scritto qualcosa, di qualcuno, che inizialmente vi sembra un’informazione superficiale, sappiate che potrebbe non esserlo. Perché niente è ciò che sembra. Dietro a comportamenti, eventi, discorsi stanno motivazioni e circostanze segrete, che possono essere solo fiutate e non rivelate: la saga è lunga, i fili devono partire per poi trovare un attacco al punto giusto. In definitiva, prima o poi tutto torna e, prendendo in prestito le sagge parole di Souhaun: “Tutto ha un senso, bisogna solo trovarlo, e deve esserci sempre un motivo per cui qualcuno fa o dice qualcosa. E quando le cose puzzano, ce n’è sempre uno grosso.”


Link Utili:
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