mercoledì 16 aprile 2014

Scrittura Creativa: La sovrastruttura del ritmo. Dell’ariete e del clifhanger.



La sovrastruttura del ritmo. Dell’ariete e del clifhanger.

Buongiorno, sono Walt Popester e sono qui per parlarvi dell’importanza del ritmo nella narrazione. Osserveremo la faccenda in maniera macroscopica andando a guardare la sovrastruttura di una storia, in questo caso un romanzo, e vedendo di volta in volta gli errori che è meglio non compiere e gli espedienti che vengono in nostro soccorso.
Entriamo subito nel vivo dell’argomento perché è proprio questo il primo consiglio: entrare subito nel vivo. Spesso si sente un nuovo aspirante, e presto aspirato, autore dire: “Ho iniziato il mio romanzo con sole duecentoventordici pagine riguardo gli usi et costumi del popolo di fracic-landia, delle loro ciclo delle stagioni, del loro sistema economico e, per la gioia del lettore, anche dei suoi dèi. Ma non ti preoccupare, a pagina seicentoventiquaranta ho messo una bella scena d’azione!”
Esiste un modo peggiore per iniziare un romanzo, ben inteso, nel tempo che stiamo vivendo? Probabilmente no. Equivale a intitolare il romanzo: ‘NOIOSO NON LEGGETE by Silvano Cheppallibus’.
A mio modesto giudizio sono passati i tempi de Il signore degli anelli dove potevi impiegare etti di pagine a inizio libro per descrivere la contea, gli hobbits e tante altre belle cose.  Adesso sa di già visto e i lettori ti molleranno, almeno quelli che non sono legati a voi da sentimenti di affetto e amicizia (e hanno tutte le loro ragioni) anche se solo per il fatto che non state facendo nulla di nuovo a differenza del più celebre esempio.
Non mi stancherò mai di dire che le prime pagine del vostro scritto sono quelle con le quali instaurate un rapporto con il lettore; se il lettore non lo prendi lì, lo hai perso. Non annoiatelo, non lì, non chiedetegli di seguirvi fino a metà libro dove forse accadrà qualcosa degno di essere ricordato. Se siete un esordiente al vostro primo romanzo, questa regola va moltiplicata per otto.
Stupite il lettore e fatelo subito. Avete una scena che toglie il fiato? Mettetela a inizio libro. Voi dite: “Ma come faccio? Non c’entra niente con l’inizio della storia!”.
Non importa: trovate un modo e mettetela a inizio libro.
“Aspetta, aspetta: prima ci sono tante cose da spiegare, non capisci, non posso arrivarci così! Devo spiegare il mito che porta alla nascita del fondatore della città che produce il tipo di vino che sta bevendo il protagonista all’inizio del romanzo.”
Non importa, mettete quella dannata scena a inizio libro. Trovate un modo, siete scrittori, vi paghiamo per trovare un modo! Annoiare il lettore è la più grande idiozia che possiate fare.
Dicesi infatti ariete quella scena iniziale che sfonda il muro asettico posto dalle pagine del libro, per portare il vostro fiume di parole dritto nella mente del lettore e invitarlo a seguirvi per il resto del viaggio. Una battaglia, un duello, un ragazzino che ‘gli ammazzano i genitori davanti agli occhi’, una nave che affonda, uno stupro, un’esplosione, un omicidio, o anche semplicemente un dialogo surreale o la descrizione di un luogo surreale (castelli fiabeschi e foreste incantate non valgono). Esistono ottimi esempi in qualsiasi campo, dalla scena iniziale di A Game of Thrones, peraltro molto descrittiva, al dialogo iniziale di Do androids dream of electric ship di Philip Dick, al matrimonio de Il padrino o quel capolavoro piratesco di On stranger tides di Tim Powers. Giocatevi le vostre carte lì, questo vi darà la possibilità di bilanciare lo scritto e prendervi il vostro tempo in seguito per parlare, se proprio dovete, del ciclo delle stagioni di frappalandia.
Questo era l’inizio. Poi, come succede spesso, dopo l’inizio viene il resto (cit. Favio Bolo). Come mantenere alto il ritmo? Per quanto riguarda la voce narrante si potrebbe parlare a lungo: l’uso del sarcasmo, la gestione dei punti di vista, l’uso sapiente della volgarità, della violenza o delle scene di tenerezza. Per quanto riguarda i contenuti, si potrebbe invece parlare dell’elemento esotico, quello che fa la differenza tra il ‘già letto’ e il ‘uhm, guarda un po’ qui!’ nella mente del lettore. Potrebbero essere scritti libri solo al riguardo mentre noi stiamo osservando la sovrastruttura, l’impalcatura del romanzo.
Riguardo quest’ultima, qualsiasi cosa accada evitate il MONOBLOCCO. Alternate. Pensate all’etimologia stessa di monotonia: mono, tono. Un singolo tono. Per farlo, ci vengono in aiuto concetti e parole usate nella sacra arte dello ‘sceneggiare’. Non temete di guardare una fiction o persino una soap. Qui non parliamo di qualità, ma di struttura. Non abbiate paura di sporcarvi le mani e imparare termini come ‘linea comica’ ossia quell’insieme di scene leggere da mettere nel mezzo di altre più pesanti, essenziale nelle soap (prendete Un posto al sole). Oltre a spezzare il tono e far riprendere fiato al lettore, in un romanzo sono proprio queste scene che possono aprirvi la strada al ‘colpo di scena’: pensate infatti a un personaggio di una linea comica che poi scopre di essere seriamente malato o subisce un incidente o perde una mano o scopre che la moglie lo tradisce o perde il lavoro o diventa un alcolizzato! Vi sarete preparati il set per una scena memorabile.
E cosa dovete fare in quel momento? Sistemare le luci e vedere fino in fondo dove porta questo frangente? Assolutamente no. Staccate, interrompete e passate ad altro: avete stuzzicato la curiosità del lettore ed estinto la sua sete di colpi bassi, non infierite. Uno dei trucchetti che infatti imparerete, dopo aver visto un cinque o sei puntate di una soap (e se siete sopravvissuti per raccontarlo) è il cliffhanger. Non sto parlando del celebre film con Stallone (che, a proposito, contiene una delle migliori scene ariete che io ricordi, anche se preferisco la versione di Jim Carrey in Ace Ventura), sto parlando di quell’espediente in cui la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena.
Vi sarà capitato, leggendo, di incontrare diversi esempi di questo modus operandi: siete lì, caldi, pronti a conoscere tutta la storia dopo la rivelazione e... vi ritrovate di colpo a seguire un personaggio a cavallo, tranquillo, che avanza verso le mura di una città. Ovviamente in quel momento non lo sapete, e sarete anzi piuttosto arrabbiati, ma questo è l’unico modo per dosare l’attenzione. Raccontare subito cosa succede al personaggio della linea comica, dopo che scopre che sua moglie è morta, è il modo migliore per bruciarsi la storia e, di nuovo, rischiare di annoiare il lettore.
Anche perché sicuramente il personaggio che adesso sta avanzando verso le mura cittadine, cavalcando placidamente, è inseguito da una donna il cui volto è coperto da un cappuccio. A fine capitolo, le farete calare il cappuccio affinché possa rivelare: “Sono tua madre, non sono morta come tuo padre ti ha sempre raccontato”.

E Zac. Passate ad altro.

Scritto da Walt Popester. Da’ un’occhiata qui: http://tinyurl.com/Walt-Popester-Dagger

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