Le feste invernali.
In tutte le culture rurali, le
date astronomiche che segnano il passaggio tra una stagione e l’altra sono
sempre state occasioni di feste. Non stupirà nessuno il fatto che le feste che
sono indicate nella Ruota dell’Anno si ritrovino pressoché simili in quasi
tutte le culture europee e dell’area del Mediterraneo.
Se, quindi, a primavera il Re
Cervo viene immolato, Tammuz muore e risorge e una serie impressionante di eroi
affronta il proprio viaggio nell’Ade, allo scoccare del Solstizio d’Inverno il
tema dominante in tutte le religioni europee e mediterranee è quello del
ritorno della Luce.
Ma chi porta la luce?
Nei paesi scandinavi è una
fanciulla con il capo coronato di candele. Se è ormai certo che le origini di
questa tradizione siano vichinghe, l’abitudine di chiamare questa fanciulla con
il nome di Lucia è di certo più recente, e può essere fatta risalire al
Settecento.
Il culto di Santa Lucia come
santa del Solstizio d’Inverno non è, d’altronde, relegato alla sola
Scandinavia, ma ben diffuso in tutto il territorio europeo. Sta di fatto che il
13 dicembre, giorno in cui prima dell’ultima grande riforma calendariale cadeva
il solstizio, la figlia primogenita indossa un abito bianco con una cintura
rossa e una coroncina dorata con sette candele accese e sveglia gli altri
membri della famiglia servendo loro la colazione, il tutto accompagnato, almeno
negli ultimi anni, da una nordica versione della canzone Santa Lucia di
napoletana memoria.
Ma il lavoro di Santa Lucia non
si ferma nelle fredde terre del Nord Europa. La santa, a cavallo di un asinello
aveva, fino a poco più di cinquanta anni fa, il compito di consegnare regali ai
bambini buoni. Compito che al tempo si contendeva con Gesù Bambino e con San
Nicola. Il rosso e rubicondo Babbo Natale è forse il primo esempio di cultura
globalizzata per la quale dobbiamo ringraziare la
Coca Cola Company!
Dicevamo, quindi, che Santa Lucia
portava i doni natalizi in groppa al suo ciuchino. Ogni bravo bambino doveva
ripulire ben bene una scarpa e lasciarla sul davanzale della finestra insieme
alla biada per il povero animale che tanto faticava a portare in giro balocchi
e regali.
A questo punto vi chiederete
perché Lucia, una santa cristiana, quando stiamo parlando di tradizioni più
antiche. Come abbiamo detto la festa del solstizio è tradizionalmente legata al
ritorno della luce e chi meglio di una santa che ha subito il martirio con
l’accecamento per poi essere miracolata con due nuovi occhi può incarnare il
ritorno della luce dal buio?
La luce, quindi, ritorna
splendente dal buio con le candele accese attorno alla testa di Lucia. Ed è
sempre Lucia che porta i doni ai bravi bambini. Ma non è la sola impegnata in
questo compito. Anche San Nicola si occupa dello stesso compito a partire dalle
zone di lingua tedesca e olandese fino all’Europa orientale. Nicola non viaggia
da solo; insieme a lui ci sono un angelo e un diavolo a rappresentare il bene e
il male. I due figuri trascinano con sé dei sacchi: l’angelo tirerà fuori dal
proprio dolciumi e regali per i buoni bambini mentre il diavolo donerà ai
cattivi solo patate o carbone. Non è da escludere che in un passato non troppo
politically correct il sacco servisse proprio a trascinare i cattivi bambini
all’inferno con il grosso demone sporco e peloso, costante minaccia a
comportarsi bene e a meritarsi dolci e regali.
In altre zone di Italia e di
Europa è il Bambin Gesù a portare i regali, e Gesù, come tanti altri fanciulli
nati da una vergine nella prima notte d’inverno, la più buia e lunga dell’anno,
è il classico esempio di portatore di regali e di doni. Ormai è comunemente
accettato che la vera data del compleanno di Gesù, qualora fosse un personaggio
storicamente esistito, avrebbe dovuto cadere in primavera, all’equinozio per
l’esattezza. È stata la ricca tradizione di feste invernali che
caratterizzavano tutta l’aria mediterranea a spingere la chiesa cattolica a
inglobare il 25 dicembre come propria festa religiosa. Il lettore attento, a
questo punto, chiederà perché il venticinque e non il giorno del solstizio. È
presto detto: il 25 dicembre cadeva nella Roma imperiale la festa del Sol
Invictus, il sole invitto. Questa festa, di chiara origine mitraica, segnava la
data in cui si poteva per la prima volta, a occhio nudo, misurare
l’allungamento della giornata rispetto alla notte. In questa data il bambino
portatore di luce, chiamiamolo pure Gesù, Tammuz, Mitra, Horo o come più ci
pare, sconfigge - anche se per pochi attimi - il buio dell’inverno con la luce
della sua divinità. E quale occasione migliore per festeggiare?
Ma il figlio della Dea Vergine
non è patrimonio del solo Mediterraneo. Anche nella fredda Gran Bretagna, la
tradizione è pressoché la stessa e molte usanze pagane ancora oggi segnano le
feste natalizie anglosassoni, arrivate in quella terra sulle spalle delle popolazioni
vichinghe e celtiche.
Yule, infatti, era uno dei nomi
di Odino, e il padre degli dei portava, per tradizione, doni così come la
tradizione di mangiare carne di maiale per questa festività deriva appunto dal
fatto che il maiale fosse un animale sacro al dio.
Ma la tradizione più interamente
pagana tra quelle britanniche è, senz’altro, quella del ceppo di Yule. Per
tradizione, un grosso ceppo di legno veniva riccamente decorato e portato in
processione fino al camino, in cui avrebbe dovuto bruciare e consumarsi nelle
dodici notti delle feste natalizie. Dodici notti, il tempo sacro che racchiude
ogni festa della ruota dell’anno e che durante l’inverno, con la campagna a
riposo, è più semplice e gioioso festeggiare.
Il fuoco scoppiettante del ceppo
richiama i fuochi di Beltane, la festa della fertilità celtica, dal cui albero
sacro veniva conservato un pezzo che diventava poi appunto il ceppo di Yule.
Mentre qui il fuoco segna il
consumarsi dell’anno e introduce alla vita il nuovo piccolo Dio, in Maggio il
massimo momento di fertilità della terra, della Dea che concepirà un nuovo
bambino.
E così, nella dodicesima notte,
davanti alle ultime braci del ceppo, frugando nella propria porzione di pudding
alla frutta, un giovane e una giovane avrebbero trovato un fagiolo o un pisello
secco o, in zone più ricche, un piccolo anello. Ecco i sovrani della dodicesima
notte che nel giorno dell’Epifania avrebbero governato sui loro pari,
sovvertendo le leggi sociali come già accadeva durante i Saturnalia a Roma, e
avrebbero chiuso con un gesto di fiducia e speranza le feste invernali.
I.B.
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