domenica 22 dicembre 2013

A kind of... Fantasy Magic: le feste invernali




Le feste invernali.

In tutte le culture rurali, le date astronomiche che segnano il passaggio tra una stagione e l’altra sono sempre state occasioni di feste. Non stupirà nessuno il fatto che le feste che sono indicate nella Ruota dell’Anno si ritrovino pressoché simili in quasi tutte le culture europee e dell’area del Mediterraneo.
Se, quindi, a primavera il Re Cervo viene immolato, Tammuz muore e risorge e una serie impressionante di eroi affronta il proprio viaggio nell’Ade, allo scoccare del Solstizio d’Inverno il tema dominante in tutte le religioni europee e mediterranee è quello del ritorno della Luce.
Ma chi porta la luce?
Nei paesi scandinavi è una fanciulla con il capo coronato di candele. Se è ormai certo che le origini di questa tradizione siano vichinghe, l’abitudine di chiamare questa fanciulla con il nome di Lucia è di certo più recente, e può essere fatta risalire al Settecento.
Il culto di Santa Lucia come santa del Solstizio d’Inverno non è, d’altronde, relegato alla sola Scandinavia, ma ben diffuso in tutto il territorio europeo. Sta di fatto che il 13 dicembre, giorno in cui prima dell’ultima grande riforma calendariale cadeva il solstizio, la figlia primogenita indossa un abito bianco con una cintura rossa e una coroncina dorata con sette candele accese e sveglia gli altri membri della famiglia servendo loro la colazione, il tutto accompagnato, almeno negli ultimi anni, da una nordica versione della canzone Santa Lucia di napoletana memoria.
Ma il lavoro di Santa Lucia non si ferma nelle fredde terre del Nord Europa. La santa, a cavallo di un asinello aveva, fino a poco più di cinquanta anni fa, il compito di consegnare regali ai bambini buoni. Compito che al tempo si contendeva con Gesù Bambino e con San Nicola. Il rosso e rubicondo Babbo Natale è forse il primo esempio di cultura globalizzata per la quale dobbiamo ringraziare la Coca Cola Company!
Dicevamo, quindi, che Santa Lucia portava i doni natalizi in groppa al suo ciuchino. Ogni bravo bambino doveva ripulire ben bene una scarpa e lasciarla sul davanzale della finestra insieme alla biada per il povero animale che tanto faticava a portare in giro balocchi e regali.
A questo punto vi chiederete perché Lucia, una santa cristiana, quando stiamo parlando di tradizioni più antiche. Come abbiamo detto la festa del solstizio è tradizionalmente legata al ritorno della luce e chi meglio di una santa che ha subito il martirio con l’accecamento per poi essere miracolata con due nuovi occhi può incarnare il ritorno della luce dal buio?
La luce, quindi, ritorna splendente dal buio con le candele accese attorno alla testa di Lucia. Ed è sempre Lucia che porta i doni ai bravi bambini. Ma non è la sola impegnata in questo compito. Anche San Nicola si occupa dello stesso compito a partire dalle zone di lingua tedesca e olandese fino all’Europa orientale. Nicola non viaggia da solo; insieme a lui ci sono un angelo e un diavolo a rappresentare il bene e il male. I due figuri trascinano con sé dei sacchi: l’angelo tirerà fuori dal proprio dolciumi e regali per i buoni bambini mentre il diavolo donerà ai cattivi solo patate o carbone. Non è da escludere che in un passato non troppo politically correct il sacco servisse proprio a trascinare i cattivi bambini all’inferno con il grosso demone sporco e peloso, costante minaccia a comportarsi bene e a meritarsi dolci e regali.
In altre zone di Italia e di Europa è il Bambin Gesù a portare i regali, e Gesù, come tanti altri fanciulli nati da una vergine nella prima notte d’inverno, la più buia e lunga dell’anno, è il classico esempio di portatore di regali e di doni. Ormai è comunemente accettato che la vera data del compleanno di Gesù, qualora fosse un personaggio storicamente esistito, avrebbe dovuto cadere in primavera, all’equinozio per l’esattezza. È stata la ricca tradizione di feste invernali che caratterizzavano tutta l’aria mediterranea a spingere la chiesa cattolica a inglobare il 25 dicembre come propria festa religiosa. Il lettore attento, a questo punto, chiederà perché il venticinque e non il giorno del solstizio. È presto detto: il 25 dicembre cadeva nella Roma imperiale la festa del Sol Invictus, il sole invitto. Questa festa, di chiara origine mitraica, segnava la data in cui si poteva per la prima volta, a occhio nudo, misurare l’allungamento della giornata rispetto alla notte. In questa data il bambino portatore di luce, chiamiamolo pure Gesù, Tammuz, Mitra, Horo o come più ci pare, sconfigge - anche se per pochi attimi - il buio dell’inverno con la luce della sua divinità. E quale occasione migliore per festeggiare?
Ma il figlio della Dea Vergine non è patrimonio del solo Mediterraneo. Anche nella fredda Gran Bretagna, la tradizione è pressoché la stessa e molte usanze pagane ancora oggi segnano le feste natalizie anglosassoni, arrivate in quella terra sulle spalle delle popolazioni vichinghe e celtiche.
Yule, infatti, era uno dei nomi di Odino, e il padre degli dei portava, per tradizione, doni così come la tradizione di mangiare carne di maiale per questa festività deriva appunto dal fatto che il maiale fosse un animale sacro al dio.
Ma la tradizione più interamente pagana tra quelle britanniche è, senz’altro, quella del ceppo di Yule. Per tradizione, un grosso ceppo di legno veniva riccamente decorato e portato in processione fino al camino, in cui avrebbe dovuto bruciare e consumarsi nelle dodici notti delle feste natalizie. Dodici notti, il tempo sacro che racchiude ogni festa della ruota dell’anno e che durante l’inverno, con la campagna a riposo, è più semplice e gioioso festeggiare.
Il fuoco scoppiettante del ceppo richiama i fuochi di Beltane, la festa della fertilità celtica, dal cui albero sacro veniva conservato un pezzo che diventava poi appunto il ceppo di Yule.
Mentre qui il fuoco segna il consumarsi dell’anno e introduce alla vita il nuovo piccolo Dio, in Maggio il massimo momento di fertilità della terra, della Dea che concepirà un nuovo bambino.

E così, nella dodicesima notte, davanti alle ultime braci del ceppo, frugando nella propria porzione di pudding alla frutta, un giovane e una giovane avrebbero trovato un fagiolo o un pisello secco o, in zone più ricche, un piccolo anello. Ecco i sovrani della dodicesima notte che nel giorno dell’Epifania avrebbero governato sui loro pari, sovvertendo le leggi sociali come già accadeva durante i Saturnalia a Roma, e avrebbero chiuso con un gesto di fiducia e speranza le feste invernali.

I.B.

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